Ho scoperto che la dote più spiccata del goloso è la curiosità, con la quale continuare a stupirsi anche dopo anni di esperienze sensoriali; e sulla base di questa consapevolezza vi presento il suggerimento dell’amico abruzzese che si presenta con il nome Diego eGodi, che propone uno sguardo nuovo sui tarallucci, detti anche cellipieni o uccelletti di antica memoria. Come sostiene Godo siamo grati a chi usa sapienza nel preparare dolci e nel saperli esportare:
La pasta di queste caramelle è a base di vino bianco, olio extravergine d’oliva e farina quanto basta per ottenere una consistenza morbida ma non appiccicosa, appena addolcita da un pugno di zucchero. Il ripieno non dovrà essere mai troppo umido o troppo secco, dentro ci si troverà un mondo: immancabile la marmellata d’uva (preparata rigorosamente dopo la vendemmia), scaglie di cioccolato fondente, mandorle e noci abbrustolite e tritate.
Gli aromi quelli del giardino di casa: scorza di arancio e limone; il tocco esotico lo daranno la cannella e il caffè in polvere.
Tutto il resto si imparerà osservando qualcuno che abbia osservato qualcuno a sua volta prepararli..
il gesto rituale e amorevole di preparare una piccola sfoglia per volta;
la giusta quantità di ripieno e la tecnica per chiuderlo affinchè non si apra;
la cura nel disporre ogni taralluccio sulla placca da forno e il tempo di cottura.
Per qualcuno la pasta deve restare bianca, per qualcun altro appena colorita. Lo zucchero, a velo o no, spolvererà infine questi piccoli capolavori.
ad maiora
Da abruzzese non posso che apprezzare questa ricetta. Sono davvero buoni 🙂
Da pugliese non posso che condividere ed apprezzare. Li facciamo anche qui in una versione meno dolce dove il ripieno , marmellata d’uva appunto, si sposa con la sfoglia al pepe. 🙂