Presento con dolce piacere una nuova golosa, preziosa collaboratrice di godocoldolce.it: l’antropologa Strega del tè ci introdurrà nella sognante atmosfera della cerimonia giapponese, celebrando il tè verde come ingrediente benefico e culturalmente importante nel paese del Sol Levante, ritualizzato quasi quanto per noi la crema pasticcera (qualche anno fa avevo avuto questa–>ibrida suggestione. Mi perdoni la Strega per l’accostamento profano!)
GODO CON LA CHANOYU (CERIMONIA DEL TÈ GIAPPONESE)
Per Okakura Tenshin¹ “il teismo è un culto fondato sull’adorazione del bello tra i sordidi fatti dell’esistenza quotidiana”. Definire la chanoyu è difficile , ma crediamo che Tenshin ne abbia colto il significato. In una parola, la chanoyu è un’arte della vita quotidiana e non è il semplice bere tè. Nella chanoyu ci sono ruoli stabiliti (sarei) e precisamente strutturati, che cambiano però a seconda delle scuole di tè. Quando la chanoyu divenne molto diffusa tra i samurai ed i mercanti durante l’epoca Genroku del periodo Tokugawa (1675-1725), furono pubblicati dei manuali per insegnare ai principianti le informazioni di base necessarie per allestire una chanoyu². Ma qual è la differenza fra il bere semplicemente il tè e la chanoyu? Questa differenza sta nella “artificialità” della chanoyu, artificialità che la accomuna alle altre arti, per le quali sono inoltre essenziali straordinarietà, astrazione, simbolismo e formalismo. E la chanoyu non è un’eccezione. L’asserzione che Rikyu fece riguardo al carattere quotidiano della chanoyu indubbiamente conteneva un’ammonizione contro gli eccessi che al tempo prevalevano nel tè. Rikyu colse bene il carattere dualistico del quotidiano e dell’artistico nella chanoyu: la normalità poteva esistere all’interno dell’artificialità artistica. Bisogna quindi considerare la speciale natura della chanoyu un’arte della vita quotidiana.
La chanoyu si evolse durante la lunga storia dell’usanza di bere tè e fu costantemente modificata. Ad esempio, quando Eisai introdusse l’uso del matcha (tè in polvere) in Giappone all’inizio del periodo Kamakura (1185-1333) , il concetto di chazen ichimi (“tè e zen hanno lo stesso sapore”) non era conosciuto, e non esisteva nemmeno un’estetica wabi . Il ruolo del tè emerso subì da allora in poi continue mutazioni; sarebbe perciò sbagliato pensare a una sua staticità. L’uso del matcha fu importato dalla Cina e si sviluppò indipendentemente come chanoyu in Giappone. Quello che all’inizio era uno svago maschile, si estese anche alle donne, che oggi sono predominanti nella chanoyu, è attualmente molto più diffusa che durante il periodo della sua fioritura in epoca medievale o all’epoca del Libro del tè di Tenshin.
La chanoyu si è quindi rivelata un’arte composita. Infatti nell’evoluzione del bere tè, molte arti come pittura, calligrafia, architettura e giardinaggio, ne divennero parti o le furono intimamente legate. La chanoyu dunque non può essere semplicemente categorizzata come un’arte in quanto è strettamente collegata all’etica dell’intrattenere le persone.
1 Okakura Kakuzo (Tenshin), The Book of Tea, New York, Fox Duffield, 1906.
2 Tipico esempio di questo tipo di libri fu Chado Haygaten (un sunto della (Via del Tè) pubblicato nel 1772 “non per l’uomo esperto di tè, ma per chi non ha familiarità con la chanoyu”. La citazione è in Tea in Japan, AA. VV., Cerimonia del tè Honolulu, University of Hawaii Press, 1989.
Ad maiora
[…] Scritto da Cristina Principale il 23 aprile 2013 in Godo col tè, Godo on show | Commentalo […]